Era il titolo di una famosa canzone degli anni 80! A cosa pensano i Romanzieri quando scrivono. Lei si chiama Alice, o almeno questo il nome d’arte. Ricordo che si trattava di una canzone di Sanremo. Nel testo c’era appunto questa frase: “A cosa pensano…” e la cosa mi ha colpito coinvolgendomi in prima persona. Effettivamente ero anche troppo giovane, privo di esperienze, egocentrico, e in tutta onestà, sfacciatamente presuntuoso! Pensavo già di essere uno scrittore, un romanziere! Ricco di idee, si, lo ammetto! ma da questo a consacrarmi professionista … avevo i miei miti da seguire e forse imitare! I grandi scrittori! Stephen King, fra i primi. Ma poi c’erano i classici, Moravia, Orwell,  Pavese … la lista è lunga. Prima di dimenticarmi: è importante leggere i classici, sia quelli bravi che quelli meno bravi. Più pragmaticamente, sia quelli che ci piacciono che quelli che ci piacciono meno (o non ci piacciono proprio!) Perché sono importanti? Per lo stesso motivo per cui esiste il bene e il male. Per lo stesso motivo per cui esistono i sinonimi e i contrari. E’ un parametro di valutazione e di confronto. Sono necessari per valutare la prospettiva d’insieme. Ora, classici a parte, la domanda torna. A cosa pensano i romanzieri quando scrivono?

Ognuno avrà i propri pensieri, presumo. Come potrei generalizzare? Come potrei rispondere per gli altri? Posso dire, semmai quello che penso io. E la domanda me la sono posta almeno 35 anni orsono! Ne ho avuto di tempo per pensarci! Ebbene, a prescindere dal fatto che ogni scrittore debba concentrarsi su quanto sta raccontando, dopo essersi giocato e perso tutti i neuroni per superare  il dramma del “foglio bianco”, arriva il momento di dare corpo e vita alla storia che ha in mente. Premetto che, scrivere, per molti scrittori, forse tutti, è sicuramente un piacere, una necessità, uno stato di grazia, chi più ne ha, più ne metta! le definizioni sono tante! Scrivere, però è anche faticoso. In qualche modo logorante. Ti svuota, ti esaurisce. Ora, quando scrivo, quando lo faccio con passione, entro nel personaggio, è necessario essere lui (o lei). E’ indispensabile, in quanto è proprio dal personaggio che si sviluppa la scena. E’ vero, è indispensabile una traccia descrittiva e, in tal caso, è pura scenografia: il lettore necessita di collocare in un tempo e in uno spazio un determinato evento, in tal caso la scena. Dopo di che, si tratta di dialogo, coadiuvato dalla descrizione, quando necessaria, di eventuali smorfie, espressioni, gesti eccetera del nostro o nostri attori di scena. Per dare “colore” a questi personaggi, l’unico modo valido che, personalmente, conosco, è proprio quello di entrare e immedesimarsi nel personaggio attivo. Ecco, a questo penso come romanziere quando scrivo. Penso di vivere la scena che descrivo e mi interrogo sulle sensazioni che provo in tale circostanza. E’ solo in questo modo che riesco a dare vita alla scena e alla storia che sto raccontando. Ora, non posso non pensare ad un mostro sacro come Alessandro Manzoni. Chi non ha letto, o almeno in parte, i Promessi Sposi? Premetto che, per quanto ce lo abbiano fatto odiare a scuola, stiamo parlando del romanzo per antonomasia! I Promessi Sposi è IL romanzo! e Manzoni è il Romanziere romantico per la sua corrente letteraria. Questo è un dato di fatto, un dogma. Un postulato! Detto questo, I Promessi Sposi, rappresentano l’esatto contrario di quanto espresso poco fa. Si tratta di un romanzo dalle altissime potenzialità descrittive, quando lo si legge, si vive la scena come se si fosse sul posto! Pare quasi di “vedere” quanto viene descritto. Ora, provate ad entrare nel personaggio o in uno dei personaggi della storia! Direi che è quasi, se non  impossibile.  E questo perché? A mio avviso,  Manzoni aveva altri scopi nel raccontare la propria storia. Non era evidentemente la storia in se ad avere importanza, ma la contestualizzazione originale che si focalizzava su vicende popolari dove, i personaggi storici importanti si trovavano solo di contorno a Renzo e Lucia. Una storia popolare per l’appunto, una fotografia del 17mo secolo vista con gli occhi di due secoli dopo.  Le analogie poi le conosciamo tutti, all’epoca gli spagnoli e in contemporanea gli austriaci. Ma questo è un altro argomento! A questo punto, intuendo approssimativamente che, chi leggerà questo articolo, ha un’altissima probabilità di essere un collega o quanto meno addetto “ai lavori”, potrà porsi la stessa domanda e darsi una risposta. A cosa pensano i romanzieri quando scrivono?


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A cosa pensano i romanzieri quando scrivono. (Ted Braun)

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