Vincenzo viveva in una zona periferica della città

   Vincenzo viveva in una zona periferica della città. Condivideva un bilocale in affitto con Leonardo Pinto, un suo amico, originario della provincia di Potenza. Si erano conosciuti all’università e per mano del destino, o per caso, o per fatalità, erano emigrati a Milano per lavoro nello stesso periodo. Leonardo, magazziniere in una ditta che si occupava di import ed export, era un giovane sulla trentina, alto e magro. Aveva un naso lungo ed affilato e quando ne parlava, inserendolo in argomenti di discussione spesso autoironici, coloriva il tutto con espressioni tipiche del suo dialetto. “Lionardo, te sfascio lu naso!”, sbottò una volta suo padre, imprecando, per una marachella adolescenziale del figlio e quest’espressione, con le parole che contenevano la lettera a pronunciate con un suono misto alla lettera e, rimase una costante che il nativo della Basilicata ripeteva ad amici e colleghi di lavoro per farli ridere.

   Un brutto ricordo però gli era rimasto impresso e lo turbava anche a distanza di tempo…”Ma ‘na faccia feroce accussì ‘ncazzata ma accussì ‘ncazzata ca nun lu putive guarda’!” così Leonardo Pinto descriveva l’espressione di un lupo. In una freddissima giornata invernale di molti anni addietro, quando lui era ancora un ragazzino, un branco di lupi affamati era sceso nelle strade piene di neve di Pescopagano, il suo paese. S’era sparsa subito la voce e sull’onda della paura molta gente s’era rinchiusa in casa, qualcuno aveva preso delle armi, certe donne pregavano e piangevano. Leonardo ad un certo punto, stimolato dalla sua curiosità infantile, trovò il coraggio di guardare da dietro i vetri di casa sua, a pochi metri dalla strada. Si trovò così vis a vis con uno di quegli animali. Lo shock fu forte, il ragazzino si rifugiò tremante nelle braccia del padre e della madre. Le sorelle minori non riuscivano a trattenere il pianto. Ritornò appena la calma quando degli spari di fucili uccisero o misero in fuga le bestie.

(C.G.)